Il Gatto Nei Dipinti di Louis Wain E Il Valore Collettivo Della Sua Arte

In diversi saggi dedicati all’Arte Carl Gustav Jung afferma che un’opera d’arte che sia realmente tale riesce a svolgere una “funzione sociale” all’interno di una determinata società, in quanto permette di coglierne lo spirito essenziale che la attraversa e di compensarne in qualche modo le carenze psicologiche insite in essa. Se applichiamo tale affermazione e punto di vista al lavoro di Louis Wain e ai suoi gatti disegnati impegnati in qualunque attività umana, ciò risuona particolarmente veritiero. Proviamo a vederne il perché.

Louis Wain è stato un artista britannico vissuto in pieno periodo vittoriano dal 1860 al 1939. Unico figlio maschio e con cinque sorelle femmine, dopo la prematura scomparsa del padre si vede costretto a farsi carico economicamente della famiglia d’origine. Decide così di lasciare la West London School of Art presso la quale teneva qualche lezione come insegnante e che aveva frequentato da studente, a dire il vero senza particolare entusiasmo anche perché spesso bullizzato sia per il suo labbro leporino e sia per il suo essere una persona curiosa e fuori dal comune, per dedicarsi all’attività di illustratore indipendente che svolgerà per diversi giornali londinesi. Nel 1884 sposa il grande amore della sua vita, Emily Richardson, donna più grande di dieci anni e impiegata come governante/educatrice presso la casa paterna. In una società conservatrice e formale come quella vittoriana, tale relazione, per via della maggiore età della donna, sarà pesantemente stigmatizzata e costringerà i coniugi Wain a vivere in un beato isolamento nel pieno della campagna inglese, al riparo e lontani da sguardi intrusivi e giudicanti. Tale beatitudine, risulterà purtroppo molto breve perché Emily di lì a poco si ammalerà di un tumore al seno che le sarà fatale. Proprio nel periodo della malattia compare Peter, un gattino spaurito arrivato casualmente nella casa dei Wain che verrà subito adottato da Emily e che le fornirà ristoro fino all’ultimo dei suoi giorni. Dall’adozione in casa di Peter e per il resto della sua vita, evento raro in quel periodo perché il gatto era considerato al più un animale da fattoria e non un animale domestico, Louis Wain iniziò a disegnare gatti. Inizialmente quasi per compiacere e allietare la cara moglie Emily, che nonostante la sua condizione continuava ad incoraggiare il suo talento speciale nel disegnare gatti, in seguito perché il gatto deve aver toccato simbolicamente l’anima sensibile dell’artista inglese considerato che poi esso sarà il soggetto esclusivo di tutti i suoi disegni. E Wain era iper-prolifico, essendo capace di disegnare anche centinaia di dipinti ogni anno. Tornando ad Emily non fece in tempo a vedere realizzato il primo grande lavoro commissionato al marito che comparve su due intere pagine del numero natalizio dell’Illustrated London News del 1886, ma da quel momento in poi il suo amato Louis conobbe quasi istantaneamente un buon successo in tutto il paese. Tuttavia la morte di Emily fu un colpo durissimo per Wain, che cadde in un vortice di ansia e depressione da cui non riuscì mai ad uscire del tutto. Dentro di sé, la morte della moglie equivaleva con ogni probabilità alla realizzazione tangibile di quelle costanti visioni che aveva avuto sin da bambino nelle quali vedeva navi in tempesta affondare, impossibilitate a reggere l’impetuosità del mare. In qualche modo sentiva che stava affogando e dentro questo affondare, amplificato anche da problemi economici legati al non aver esercitato il diritto di copyright sui suoi disegni e dalle difficoltà nel farsi carico delle sorelle che erano incredibilmente tutte rimaste nubili, il gatto, l’interesse per i gatti, può essere immaginato come il tentativo della psiche inconscia di avvicinarsi alle onde della vita con uno spirito diverso. Tentativo di guarigione psichica, anticipiamo qui in questo momento, non del tutto colto da Wain.

In ambito psichiatrico l’interesse monotematico di Wain per i gatti, invece, anziché essere considerato come il tentativo della psiche di trascinarlo fuori dalla tempesta, è stato osservato per lo più da un punto di vista diagnostico per confermarne la possibile schizofrenia, o da altri autori per testimoniare la presenza di un disturbo Asparger. In molti dipinti di Wain, diversi autori vedono sostanzialmente il progressivo deterioramento psichico che caratterizza la schizofrenia essendo quadri che da realistici divengono via via più astratti, mentre altri studiosi interpretano gli stessi quadri come vicini all’area autistica.

Il Gatto Nei Dipinti di Louis Wain E Il Valore Collettivo Della Sua Arte

Al di là della correttezza o meno di queste diagnosi, a cui vari studiosi si sono appassionati perché è ben noto che Wain passò gli ultimi 15 anni della sua vita in ospedale psichiatrico, il guardare i gatti di Wain solo da una prospettiva diagnostica ha qualcosa di riduttivo e che comunque lascia dubbi a livello diagnostico. Per esempio, è corretto emettere diagnosi senza aver visto la persona interessata? Con ogni probabilità no. E poi, se guardiamo i gatti di Louis Wain, anche nel caso in cui la diagnosi fosse esatta, da un punto di vista esclusivamente diagnostico, tralasciamo una questione centrale a cui dovremmo cercare di rispondere: perché per la personalità di Wain i gatti erano così importanti? Se anche il suo interesse è stato monotematico, perché proprio il gatto e non altro?

E qui dovremmo cercare di capire qualcosa in più della psicologia del gatto, o meglio di come l’uomo ha investito simbolicamente e immaginalmente questo felino. Nella storia dell’umanità il gatto è stato visto sia in termini molto positivi, sia talvolta, soprattutto nei secoli più vicini a noi, in modo piuttosto negativo. Nell’Antico Egitto il gatto maschio era venerato in un certo senso come un eroe solare, essendo esso colui che ogni notte combatteva con il serpente notturno dell’oscurità, Apasis, il quale poteva impedire il sorgere del giorno. Più in generale era un protettore: si immagini che l’uomo si trovava nel buio più pesto e il gatto poteva proteggere da topi infestanti presenti ovunque. Per altri versi il gatto era ritenuto un animale femminile: i suoi occhi ipnotizzanti e capaci di incantare, così come più in generale la sua vista ottima vista notturna, facevano pensare che sapesse, al pari della luna divinità femminile, assorbire la luce del sole ritenuto invece una divinità maschile. Inoltre, rimanendo nella visione di un gatto come animale psicologicamente femminile, sempre nell’Antico Egitto era associato alla Dea Bastet, una dea vitale, festosa, popolare, e che proteggeva la fertilità. Nel medioevo e nel periodo della caccia alle streghe il gatto è stato invece visto in termini stregoneschi e associato al diabolico. Quello che non viveva tollerato in una donna era l’indipendenza, e quelle che venivano tacciate di essere streghe erano donne indipendenti e spesso vedove, e questa indipendenza veniva associata all’indipendenza del gatto, animale che sa essere affettuoso ma anche esplorativo e capace di stare solo con sé stesso. Nel medioevo, e ciò è arrivato sino ai giorni nostri, era diffusa la convinzione che le donne streghe sapessero trasformarsi in gatto. Di qui una certa visione negativa del gatto. Provando a trascrivere il tutto in termini maggiormente psicologici, possiamo dire che il gatto rappresenti, se considerato da un’angolazione femminile, un sentimento, una forma di eros indipendente, e non sempre l’uomo ha un rapporto positivo con questa forma di indipendenza.

Cosa possono entrarci tutte queste informazioni sul gatto con Louis Wain? Come detto in precedenza, i primi gatti di Wain sono maschi ispirati a Peter. In quanto maschi, rinviano al simbolismo maschile del gatto, il che tradotto in un linguaggio di natura psicologica può voler significare che Wain avrebbe potuto essere più accorto con i suoi affari. Anche ai giorni nostri troviamo storie come quella de “Il Gatto con Gli Stivali”, dove il gatto mostra tutta la sua sagacia ed aiuta l’eroe con astuzia. Astuzia e scaltrezza che negli affari è certamente mancata a Wain, il quale ha spesso peccato di ingenuità. Per esempio, oltre a non aver mai esercitato i suoi diritti di copyright come già detto, in un periodo in cui si stava sviluppando l’elettricità egli fece un pessimo affare con delle lampade ad olio ormai in via di estinzione.

Nel momento in cui i gatti di Wain divengono più femminili, possiamo notare come nella sua vita mancasse un certo tocco di eros, una certa indipendenza nel sentimento. Marie-Louise Von Franz in un suo splendido lavoro dal titolo “La Gatta” fa notare come il femminile psicologico si caratterizzi per vedere più la soggettività delle situazioni e delle persone che non l’oggettività, presunta più che altro, di norme e regole collettive. Wain questa soggettività in un certo senso la tralasciava. Per esempio, nonostante egli avesse un rapporto altalenante e tormentato con le sorelle, doveva aiutarle finanziariamente sempre e comunque senza chiedersi se lo meritassero o meno, o se potessero ingegnarsi da sole per trovare un lavoro retribuito. La sorella Caroline, per esempio, la maggiore e il vero dominus della famiglia, era sempre pronta a giudicare e a sbraitare contro il povero Louis contribuendo a farlo sentire un inetto, ma avrebbe potuto sporcarsi le mani e lavorare ella stessa. Avrebbe potuto cercare di essere una donna più libera e indipendente, ma tali pensieri non la sfiorarono neanche. Era una donna completamente vittoriana, e se si pensa che nei primi del Novecento stava prendendo piede il femminismo delle suffragette ciò trasmette l’idea di quanto ella fosse convenzionale. Ma ad essere convenzionale e collettiva non era la sola Caroline, lo erano anche tantissimi altri uomini e donne, e lo era in parte anche lo stesso Wain che aveva sì mostrato un’autentica soggettività sposando coraggiosamente Emily, ma che non era poi riuscito del tutto a distaccarsi dai dettami dell’epoca. In altre parole, i sentimenti erano collettivi e non individuali, ovvero era la società a dettare cosa bisognasse o cosa non bisognasse sentire. Limitandoci a Louis Wain, avrebbe avuto in estrema sintesi la necessita psicologica di uno sguardo maggiormente individuale. Egli doveva, per obbligo morale, amare e aiutare senza se e senza ma la sua famiglia. E ciò indubbiamente non gli ha giovato. Se avesse coltivato in simbolico il suo rapporto con il gatto, e non solo in senso concreto, perché va detto che egli amava profondamente i gatti, come dimostra il suo essere stato Presidente del National Cat Club dal 1898 al 1912, la sua vita sarebbe stata meno sofferta. A tal proposito sia consentita una breve digressione. Nel linguaggio di Louis Wain una parola che ricorreva spesso era “elettricità”, ovunque nella vita cercava elettricità. Come si vede benissimo in un film biografico che gli è stato dedicato, “Il Visionario Mondo di Louis Wain”[1], per elettricità egli intende quella forza primordiale, quella essenza benefica e vitale in ciò che ci circonda, che aiuta a comprendere la vita. In altre parole, quell’essenza che conferisce visione e senso all’esistenza. Ebbene, con il passare degli anni Wain riteneva con sempre maggiore convinzione che il gatto fosse “un mediatore dell’elettricità”. Naturalmente tale affermazione e tale insistenza sull’elettricità suscitava ilarità e sgomento nei suoi interlocutori. Le affermazioni di Wain, che in effetti paiono deliranti, tuttavia paiono contenere un nocciolo di realtà psicologica: egli avrebbe dovuto integrare maggiormente il gatto nella sua vita, ovvero gli sarebbe stato di aiuto un muoversi nel mondo, rispetto ai sentimenti e ad altro, con un passo più felino.

Quando c’è un’esperienza psichica forte, come nel caso di Wain che veniva inondato letteralmente da immagini di gatti, è importante – scrive Jung – “prendere una piccola distanza dalla propria esperienza per poter cogliere la differenza fra l’esperienza autentica e ciò che si è fatto dell’esperienza”, cioè è necessario che la coscienza riflessiva riesca a tradurre le immagini in un significato psicologico spendibile nella realtà esterna. Scrive ancora Jung: “Quando le immagini che emergono non vengono capite, allora sei in compagnia degli dei ovverosia in compagnia dei matti (…) ma quando riesci a dire quest’immagine corrisponde a questo e a quest’altro riesci a rimanere in compagnia degli uomini. Può succedere a chiunque di essere così preso da queste cose da perdersi fra di loro. ” A Wain deve essere accaduto qualcosa del genere. Secondo J.W. Perry, psichiatra di rilevo degli ultimi decenni, infatti la differenza tra l’avere delle visioni e l’essere sopraffatto da delle allucinazioni è data dalla qualità della coscienza: se quest’ultima riesce a trovare il modo per essere come un vaso capace di contenere le immagini emergenti dall’inconscio senza frantumarsi, siamo nell’ambito delle visioni che trasformano positivamente una personalità, diversamente, se il vaso della coscienza si rompe, siamo più prossimi alla sfera della psicosi. Il confine tra le due condizioni spesso è sottile, e il vaso della coscienza di Wain, verosimilmente, non sempre deve essere rimasto intatto.

Se si può quindi avanzare una critica a Wain, è relativa al suo non essere riuscito a cogliere del tutto, paradossalmente, il valore psicologico che il gatto avrebbe potuto avere nella sua vita.  Nulla toglie tuttavia che il suo lavoro abbia avuto un valore psicologico importante per l’Inghilterra Vittoriana. Una piccola conferma indiretta di ciò è testimoniata dall’enorme affetto che investì la figura di Louis Wain nel momento in cui egli finì in manicomio: fu avviata una raccolta fondi per permettergli di frequentare un istituto migliore, nel quale potesse di fatto stare in giardino per frequentare i suoi gatti, e tale iniziativa ebbe un successo impensabile. Per tale raccolta si spesero in prima persona lo scrittore H. Wells e, addirittura, il primo ministro inglese dell’epoca Ramsay Macdonald. Tornando al periodo vittoriano, possiamo dire che quei decenni hanno conosciuto un certo progresso tecnologico e una progressiva industrializzazione, ma con altrettanta certezza possiamo affermare che da un punto di vista psicologico fosse presente una scissione nel modo di vivere, sia da un punto di vista intrapsichico che interpersonale, il femminile psichico. Osservando i costumi e la morale del periodo ciò diventa più evidente. Gli uomini, per esempio, gradivano una moglie che fosse in qualche modo una Perfetta Signora e poi frequentavano regolarmente prostitute. Mai come in quegli anni c’era prostituzione ovunque. Le donne, d’altra parte, per lo più si lasciavano categorizzare e si identificavano con una delle due categorie, Perfetta Signora – Prostituta, che rifletteva la relazione psicologica che l’uomo vittoriano aveva con il femminile e ciò di conseguenza diveniva anche il modo proprio delle donne di vivere la femminilità. Un mondo scisso che non riusciva a coniugare sessualità e sentimento. Un mondo senza un sentimento capace di vedere realmente le persone, che volendo si può rintracciare anche nell’assoluta mancanza di attenzione che in quel periodo c’era verso l’infanzia che i romanzi di Charles Dickens ci raccontano magistralmente.

Se come dicevamo in precedenza il gatto rappresenta un sentimento indipendente, possiamo immaginare che sia proprio attraverso questa indipendenza che si possono aprire varchi e nuovi sguardi capaci di coniugare ciò che pare distante. Un sentimento, in sostanza, che sappia apprezzare qualità differenti. Al pari di un gatto che sa essere vicino e lontano, che sa apprezzare il giorno ma che sa amare anche la notte, che sa muoversi in casa e fuori casa, che è capace di abitare mondi diversi. E Louis Wain con la sua arte ha riportato il gatto al centro e il suo successo capillare non può essere spiegato con la sola qualità estetica, sia pur certamente buona, dei suoi disegni. Da un punto di vista prettamente artistico c’erano infatti pittori della Royal Accademy, un Frith per citare un nome, o esponenti preraffaelliti che in tutta tranquillità, si pensi ad un Rossetti, possono essere ritenuti superiori a Wain, ma nessuno di questi aveva una popolarità paragonabile a quella di Louis. Probabilmente perchè egli deve aver toccato forse più di altri, forse perché più vicino all’inconscio, l’animo inglese. Il suo messaggio in qualche modo è arrivato al cuore delle persone, in particolar modo a quello delle donne.

In genere si ritiene che egli volesse disegnare dei gatti antropomorfizzati, ma dalle sue parole e dai suoi discorsi si capisce che desiderasse in realtà un uomo gattizzato. E tante persone, tante donne, hanno cominciato ad avere un gatto in casa e a trarre ispirazione da questo felino.  Mentre nei primi anni del 900 Wain “delirava” sui suoi gatti, contemporaneamente in Inghilterra il movimento femminista delle suffragette, sostenuto poi anche da uomini e partiti politici, lottava per il diritto delle donne a lavorare e a votare al pari dell’altra metà del cielo. Uno spirito nuovo, fiero e indipendente, soffiava nel paese e con esso i gatti di Wain c’entravano forse qualcosa.

In conclusione di questo articolo vorrei lasciare spazio a questa cartolina pubblicitaria delle suffragette che risale al 1905: un gatto che reclama il voto. Un’immagine, quest’ultima, che pare decisamente influenzata dall’arte di Louis Wain e che racconta meglio di mille parole quanto il lavoro di questo artista fosse penetrato nel cuore delle e degli inglesi.

Il Gatto Nei Dipinti di Louis Wain E Il Valore Collettivo Della Sua Arte

[1] Il titolo originale del film è “The Electrical Life of Louis Wain” rende meglio l’idea della sua ricerca di elettricità.

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