Ghosting e Psicoterapia

Il termine ghosting è entrato di recente nel vocabolario psicologico – circa nel 2015 – per descrivere una chiusura brusca e senza spiegazioni di una relazione sentimentale o di amicizia. Il ghoster, colui/colei che mette in atto tale separazione, in genere blocca ovunque sui social, non risponde più a chiamate, non si vede più nei luoghi frequentati da entrambe le persone, scompare, diviene invisibile, non così diversamente dai fantasmi della letteratura e del cinema.

A tutti gli effetti si tramuta in un’assenza presente nella testa e nel cuore dell’altra persona, cioè in colui o colei che ha subito e sta subendo il ghosting. Quest’ultima si trova davanti al dramma di una sofferenza legata al non comprendere, gelata e colpita da un silenzio che nella sua anima si fa assordante e rumoroso. L’interruzione istantanea e brusca della relazione la porta a chiedersi dove ha sbagliato, come ha fatto a non notare segnali, a non accorgersi di nulla; mentre, il più delle volte, l’assenza di qualsiasi spiegazione la conduce a sentirsi indegna, non meritevole, colpevole anche senza sapere bene di cosa. Talvolta, questo brutale vuoto improvviso, questo essere trattati peggio di qualunque altro essere vivente sulla terra, al punto da non meritare addirittura alcuna spiegazione, richiama, o meglio si innesta, su precedenti abbandoni, rendendo il ghosting qualcosa di ancor più doloroso e insopportabile. Accade così di frequente che la persona ghostata, per reagire, per superare l’incubo ad occhi aperti che sta vivendo, si trovi a ripensare, a ripercorrere in maniera sfiancante i passi della relazione vissuta per tirarsi fuori dallo stato in cui è finita. Non sempre riuscendovi, non per mancanza di capacità, quanto perché la situazione è oggettivamente complicata, sia perché è difficile trovare la chiave giusta per leggere e interpretare l’accaduto, sia perché – anche quando si dispone della chiave giusta – c’è sempre il timore di essere caduti dentro un soggettivismo in cui ci si racconta quello che fa più comodo, obiezione quest’ultima, che allo sguardo della persona ghostata, toglierebbe credibilità alla sua lettura degli eventi, in quanto troppo di parte.

Da questa angolazione, un percorso terapeutico, oltre che facilitare l’elaborazione di precedenti ferite, può essere di aiuto poiché è un ricercare in due. In due si vedono più aspetti di una storia rispetto a quanto si potrebbe fare individualmente, per dire insieme divengono più lampanti le responsabilità dell’altro in tutta la vicenda; ma, soprattutto, è come se la verità che si riscostruisce insieme acquisisse maggiore spessore e corpo rispetto ad una ricostruzione fatta singolarmente, poiché è come se venisse sentita, per alcuni versi, certa e indiscutibile, ovvero non più oggetto di una costante revisione che finisce con il mettere in dubbio ogni conclusione a cui si giunge.

Perché dovrebbe essere così? Perché quando si esprime un qualcosa ad alta voce, quello stesso qualcosa assume un sapore diverso, torna ad una misura che più gli si confà. Per esempio, una persona lasciata tramite ghosting, talvolta, si ritrova a pensare che il tutto le sia accaduto perché quella volta è uscita con quell’amico o amica, oppure perché è stata disattenta e poco sensibile in quell’altra circostanza, e via dicendo; nel momento in cui la stessa persona lascia uscire quegli stessi pensieri condividendoli con un altro significativo è come se essi si sgonfiassero, é come se perdessero centralità e potenza, con il risultato di renderla meno confusa e meno preda di ogni possibile timore recondito che potrebbe spiegare la conclusione della sua storia. In altre parole, la persona diviene autonomamente consapevole di come non possano essere certi timori o minimi dettagli a spiegare quanto le è successo; probabilmente ciò si verifica perché può vedere l’effetto del suo racconto in un’altra persona. Per molti versi si può specchiare nella reazione di chi la sta ascoltando, e di conseguenza può ridimensionare certi pensieri e vissuti di profonda inadeguatezza. In “Anatomia della Psiche” Edward Edinger scrive: “Tutti i pensieri, i gesti e i ricordi che fanno vergognare, sentire in colpa o in ansia hanno bisogno di essere espressi totalmente”. E’ fondamentale che tale processo accada, poiché in tal modo è come se la relazione terapeutica pulisse il campo psichico, contribuisse ad eliminare ciò che non serve, a porre la persona ghostata nella condizione di poter trovare e narrare la sua verità, aiutandola così a liberarsi di un fantasma che per via della sua incomprensibile assenza era divenuto via via più ingombrante.

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